Queste le motivazioni a sostegno della
decisione:
- Il turno di lavoro nel quale era inserito il medico era il medesimo dei medici con contratto di lavoro subordinato;
- Tale turno era organizzato dal primario sulla base della disponibilità di massima dei medici non strutturati;
- Come gli altri, il medico era momentaneamente trasferito in reparti diversi dalla Medici Interna, sua specializzazione, in caso di sostituzioni improvvise;
- Le prestazione erano le stesse degli altri medici ma questi ultimi avevano l’obbligo di pronta reperibilità;
- A differenza dei subordinati che avevano il badge, il medico firmava il foglio di presenza.
La Corte aveva quindi osservato che le differenze erano
essenzialmente riferibili ad aspetti formali, amministrativi o marginali, visto
che il potere conformativo della prestazione lavorativa era esercitato dal
datore di lavoro con modalità indifferenziata nei confronti di tutti i medici
della struttura.
In merito alla questione della riqualificazione del
rapporto come singoli contratti a termine, prospettata dall’Istituto
appellante, la corte territoriale aveva osservato che seppure la legge consente
la stipulazione dei contratti a termine con i dirigenti per una durata non
superiore a cinque anni, è richiesta la stipulazione di un regolare contratto
di lavoro subordinato e l’attribuzione della qualifica di dirigente, mentre in
questo caso il contratto libero-professionale stipulato tra le parti non
rispondeva a tali requisiti formali e di contenuto.
La Sezione Lavoro della Cassazione, con l’ordinanza
(n. 23520/2019) ha confermato la sentenza, e ha ritenuto correttamente motivate
le pronunzie di merito che hanno riconosciuto la natura subordinata del
rapporto dei medici svolto in cliniche private sulla base di indici quali il
loro inserimento in turni lavorativi predisposti dalla clinica e la
sottoposizione a direttive circa lo svolgimento dell’attività, pur tenuto conto
che la sussistenza o meno della subordinazione deve essere verificata in
relazione all’intensità della etero-organizzazione della prestazione, al fine
di stabilire se l’organizzazione sia limitata al coordinamento dell’attività
del medico con quella dell’impresa, oppure ecceda le esigenze di coordinamento
per dipendere direttamente e continuativamente dall’interesse dell’impresa.
Una sentenza che riconosce che il medico
collaboratore autonomo che lavora presso un ospedale e che svolge lo stesso
servizio e gli stessi orari dei colleghi medici strutturati a tempo
indeterminato, con orari prestabiliti dai dirigenti dell'istituto, deve essere
inquadrato come un vero e proprio dipendente a tutti gli effetti, sarà di
notevole impatto sul mondo del lavoro sanitario.
Nessun commento:
Posta un commento