giovedì 3 ottobre 2019

Quando il medico collaboratore diventa subordinato, il caso della Cassazione

Confermando la decisione del giudice di primo grado, la Corte d’appello di Roma ha riconosciuto come subordinato il rapporto di lavoro di una dottoressa che svolgeva attività di medico ospedaliero con contratti di collaborazione autonoma. 


Queste le motivazioni a sostegno della decisione:
  1. Il turno di lavoro nel quale era inserito il medico era il medesimo dei medici con contratto di lavoro subordinato;
  2. Tale turno era organizzato dal primario sulla base della disponibilità di massima dei medici non strutturati;
  3. Come gli altri, il medico era momentaneamente trasferito in reparti diversi dalla Medici Interna, sua specializzazione, in caso di sostituzioni improvvise;
  4. Le prestazione erano le stesse degli altri medici ma questi ultimi avevano l’obbligo di pronta reperibilità;
  5. A differenza dei subordinati che avevano il badge, il medico firmava il foglio di presenza.
La Corte aveva quindi osservato che le differenze erano essenzialmente riferibili ad aspetti formali, amministrativi o marginali, visto che il potere conformativo della prestazione lavorativa era esercitato dal datore di lavoro con modalità indifferenziata nei confronti di tutti i medici della struttura.
In merito alla questione della riqualificazione del rapporto come singoli contratti a termine, prospettata dall’Istituto appellante, la corte territoriale aveva osservato che seppure la legge consente la stipulazione dei contratti a termine con i dirigenti per una durata non superiore a cinque anni, è richiesta la stipulazione di un regolare contratto di lavoro subordinato e l’attribuzione della qualifica di dirigente, mentre in questo caso il contratto libero-professionale stipulato tra le parti non rispondeva a tali requisiti formali e di contenuto.
La Sezione Lavoro della Cassazione, con l’ordinanza (n. 23520/2019) ha confermato la sentenza, e ha ritenuto correttamente motivate le pronunzie di merito che hanno riconosciuto la natura subordinata del rapporto dei medici svolto in cliniche private sulla base di indici quali il loro inserimento in turni lavorativi predisposti dalla clinica e la sottoposizione a direttive circa lo svolgimento dell’attività, pur tenuto conto che la sussistenza o meno della subordinazione deve essere verificata in relazione all’intensità della etero-organizzazione della prestazione, al fine di stabilire se l’organizzazione sia limitata al coordinamento dell’attività del medico con quella dell’impresa, oppure ecceda le esigenze di coordinamento per dipendere direttamente e continuativamente dall’interesse dell’impresa.
Una sentenza che riconosce che il medico collaboratore autonomo che lavora presso un ospedale e che svolge lo stesso servizio e gli stessi orari dei colleghi medici strutturati a tempo indeterminato, con orari prestabiliti dai dirigenti dell'istituto, deve essere inquadrato come un vero e proprio dipendente a tutti gli effetti, sarà di notevole impatto sul mondo del lavoro sanitario.

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