lunedì 15 aprile 2019

Gravidanza entro un anno da morte fetale in utero non è associata a rischi maggiori

Da uno studio osservazionale, il primo su larga scala, pubblicato su Lancet, è emerso che, dopo una morte fetale, concepire entro 6 mesi o 1 un anno, rispetto ad un intervallo maggiore di 2 anni, non aumenta le probabilità di partorire un altro bambino morto, prematuro o piccolo per età gestazionale. Lo studio ha incluso i dati anagrafici di 14.452 nati in Finlandia (tra il 1987 e il 2016), in Norvegia (1980-2015) e in Australia Occidentale (1980-2015), da donne che avevano avuto la nascita di
un feto morto alla 22esima settimana o oltre dalla precedente gravidanza.
Dai dati risultava che il 2% dei feti erano nati morti, il 18% prematuri e il 9% piccoli per età gestazionale e, dopo aggiustamento per età, paese, uguaglianza, decennio del parto e durata della gravidanza precedente, le probabilità per un concepimento entro i 12 mesi (63% di cui 37% entro i 6 mesi) non erano maggiori rispetto ad uno avvenuto dai 24 ai 59 mesi dopo il precedente parto.
Annette Regan, della Curtin University a Perth in Australia, prima autrice dell’articolo, spiega in un comunicato stampa che “i bambini nati morti nei paesi ad alto reddito sono circa 3,5 ogni 1.000 e le linee guida disponibili per pianificare gravidanze successive sono limitate”. Infatti al momento non esistono raccomandazioni cliniche da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità ma, se ci fossero, queste dovrebbero tenere conto, secondo Mark Klebanoff del Center for Perinatal Research al Nationwide Children's Hospital a Columbus, in Ohio, dello stato di salute e dell'età attuale di una donna, dei suoi desideri per la distanza tra i figli e la dimensione familiare finale, e della sua disponibilità emotiva ad affrontare un'altra gravidanza.
Regan spiega che “i risultati forniscono prove preziose per quale intervallo di tempo raccomandare dopo un parto di un feto nato morto”, ipotizzando che un concepimento a distanza ravvicinata dopo una gravidanza potrebbe coincidere con una fertilità e salute più alte rispetto al concepire più in là nel tempo e quindi anche con meno probabilità di eventi avversi. Gli autori infine sottolineano che sarebbe necessaria una replicazione dello studio ma in un gruppo più ampio e che non sia generalizzato a quei paesi con reddito basso o medio-basso, senza accesso a assistenza sanitaria universale o a minoranze etniche.

Lancet.2019. doi: 10.1016/S0140-6736(18)32266-9 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/30827781

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