lunedì 26 marzo 2018

La contraccezione in Europa negli ultimi dieci anni

Lo scorso Gennaio, si è tenuto a Milano un convegno all’interno del quale il tema della contraccezione è stato affrontato dal prof. Johannes Bitzer, dell’ospedale universitario di Basilea, esperto nel settore, condirettore della rivista Journal of Sexual Medicine e autore su EIC - European Journal of Contraception. Il professore ha tenuto un intervento dal titolo “Il mutevole panorama della contraccezione – Cosa è cambiato negli ultimi dieci anni”, nel quale, tra le altre cose, ha analizzato una ricerca pubblicata nel 2000 sull’American Journal of Public Health, che analizzava i dati sulla
contraccezione raccolti tra il 1991 e il 1993 in cinque diversi Paesi europei: Danimarca, Germania, Polonia, Italia e Spagna. Tale ricerca, promossa dall’Unione Europea, aveva l’obiettivo principale di stimare infertilità e sub fecondità, nonché di identificarne i fattori di rischio, ma conteneva anche dati relativi all’utilizzo di contraccettivi in donne con fascia d’età 25/44 anni. Questi dati, che hanno permesso di aggiornare quelli sulla situazione europea, che erano piuttosto datati, hanno rivelato anche la situazione in Italia: una rilevante differenza tra il nord, dove il metodo contraccettivo più usato era la pillola (25,3%), e il sud, dove invece il più usato era il coito interrotto (33,4%); nel resto d’Europa quest’ultimo dato si aggirava intorno a valori tra l’1,4% in Danimarca e Germania, al massimo dell’11% in Spagna.
Un’altra ricerca del 2004, condotta da Skouby, ha rivelato che Italia e Spagna sono i Paesi nei quali le donne sono meno propense ad utilizzare i contraccettivi orali e, sempre in questa occasione, le 12 mila donne intervistate hanno rivelato anche le motivazioni: effetti collaterali al primo posto, seguiti da successivo desiderio di gravidanza, problematiche sanitarie o eccessivo aumento del peso corporeo.
Nel nostro Paese comunque, in quanto a metodi più utilizzati, i contraccettivi orali sono al primo posto, seppur sotto il 30%, seguiti dal preservativo (19%), contando però la larga fetta del 22%, “altri metodi”, e il 24% del “nessun metodo”.
Negli ultimi anni è anche aumentato l’utilizzo della contraccezione uterina (IUC), con una diffusione alta all’Est (16%) e minore nella parte occidentale (5,7%), compresa l’Italia (5,8%). Questa differenza è dovuta a vari fattori tra cui le diverse condizioni economiche, legislative, di pratica clinica e di disponibilità delle diverse nazioni.
Per quanto riguarda la contraccezione, il Prof. Bitzer spiega l’importanza del counseling: solo una minima parte dei contraccettivi sono disponibili senza rivolgersi ad un medico, quindi è importante che in un’interazione paziente-medico, quest’ultimo incoraggi ad esternare le proprie sensazioni e le proprie paure; il medico dovrebbe inoltre cogliere il feedback della paziente e indicarle la strada migliore valutandone lo specifico profilo biologico e psicosociale. “I fattori da considerare sono molteplici: stili di vita, rischi cardiovascolari o ossei, eventuali irregolarità del ciclo mestruale, diabete, ansia, depressione e diverse altre condizioni cliniche, solo per citarne alcuni. Solo al termine di questa complessa valutazione, medico e paziente possono optare, insieme, per la migliore soluzione. Ogni scelta, presenta infatti aspetti positivi e negativi che vanno adeguatamente soppesati”, spiega Bitzer.
Il Global Intra Group ha identificato alcuni step necessari per una corretta seduta di counseling sulla contraccezione: stabilire i bisogni contraccettivi della paziente, comunicare i potenziali benefici dei diversi metodi, rassicurare la paziente dando risposta alle sue preoccupazioni, aiutarla a decidere ed eventualmente confermare la sua scelta. “Un corretto percorso di accompagnamento verso la scelta riduce l’incertezza, rafforzando la consapevolezza e quindi la tolleranza della paziente. Tale percorso deve comprendere l’informazione sul metodo che verrà utilizzato, con i connessi rischi e benefici e le conseguenze che ci saranno in termini di abbondanza del flusso mestruale e di presenza del device. Lo studio condotto da Whitetaker nel 2008 evidenzia come basti un counseling di tre minuti per cambiare l’atteggiamento di adolescenti e giovani donne nei confronti della contraccezione uterina”, conclude Bitzer.

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