lunedì 11 dicembre 2017

Università, test di medicina: in crescita i rimpatri

Negli ultimi anni si è assistito ad un ritorno in patria di studenti che, a causa del numero chiuso all’ingresso a Medicina, hanno deciso di tentare all’estero. Secondo un calcolo fatto dai sindacati odontoiatrici, ogni 800 dentisti che si laureano in Italia, almeno altrettanti rientrano da Spagna, Albania e Romania. Per questa facoltà infatti i numeri parlano chiaro: all’ultimo test d’ingesso, per soli 9100 posti disponibili negli atenei italiani, si sono presentati 66 mila candidati.
Un’inchiesta della Stampa ha mostrato che questi viaggi all’estero non sono fatti con lo scopo di completare lì il corso, bensì solo un
biennio: una sentenza del Consiglio di Stato (1/2015) infatti permette la riammissione all’ateneo italiano anche dopo il primo anno di studi, posti liberi permettendo e con il possesso del numero di crediti adeguato. È stata quindi proprio tale sentenza a generare il flusso migratorio di studenti che per 25 mila euro in due anni, tra iscrizione, frequenza e pratiche burocratiche, vanno all’estero a superare gli esami del primo blocco. Un piccolo intoppo però è dato dalla scarsità di posti che si liberano. Antonio Carassi, Preside di Medicina all’Università degli Studi di Milano spiega: “Se la programmazione ci consente cento posti non possiamo aggiungerne uno, anche la capienza delle aule è programmata in base al fabbisogno richiestoci, ove ammettessimo altri studenti e accadesse un qualche incidente risponderemmo penalmente. Il trasferimento dunque si può chiedere solo se si sono liberati posti in un anno o in un polo ad esempio perché alcuni studenti non hanno superato il blocco, ma è un'eventualità non scontata. E anche se questi posti si liberassero, le domande di chi chiede di trasferirsi qui entrano in una graduatoria con quelle dei giovani italiani, e milanesi, che vengono da atenei italiani; questi giovani all'indomani del test per via del punteggio avevano dovuto ripiegare su un altro ateneo ma ora ravvisano l'occasione di puntare alla "prima scelta". Noi graduiamo tutte le domande, italiane ed estere, in funzione dei contenuti dei curricula e dell'equivalenza di questi ultimi con i nostri, con una commissione ad hoc preposta a verificare i programmi svolti e il soddisfacimento delle norme relative al corso a ciclo unico. Può così accadere che accogliamo un brillante giovane dalla Romania, ma in genere sono più simili i curricula italiani per una serie di motivi (non la lingua). Inoltre i primi anni non abbiamo mai posto. Perché si liberino posti si deve aspettare che qualcuno non superi gli esami-blocco che sono in genere al 2°- 3° anno, chi non ha superato Fisiologia al 3° anno non può iscriversi al 4° e qui può verificarsi qualche abbandono”.
Carassi spiega inoltre che i corsi di Medicina devono fare i conti anche con il sottofinanziamento che influisce sulla mancanza di ampliamento dei posti: “Dal 2008 in poi gli atenei italiani hanno visto decurtato il proprio budget del 20% e a Milano la querelle si è estesa ai corsi umanistici e alla loro gestione. Solo con l'imposizione dei Tar di prendere studenti possiamo "permetterci" un sovraffollamento. Peraltro, è probabile che nei prossimi anni si renda necessario innalzare le immatricolazioni, non solo a Medicina. Metà dei camici italiani in attività ha oltre 50 anni e molti usciranno nei prossimi 3-5 anni, sarà arduo sostituirli e non aiuta che il numero di posti fissato al ministero della Salute sia inferiore a quello che chiedevano le Regioni, per non parlare degli altri professionisti sanitari che vivono un gap peggiore”.

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