giovedì 20 ottobre 2016

Lo stato di salute nei vari paesi del mondo: l'Italia è al ventesimo posto

Recentemente pubblicato su The Lancet, il Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study (Gbd) 2016 analizza lo stato di salute in 188 paesi del mondo e fa parte di un progetto avviato un anno fa dall'Organizzazione mondiale della sanità e dall'Onu con il nome di Sustainable Development Goals (Sdg). Il Gbd prevede il raggiungimento di 17 obiettivi universali attraverso la misurazione di 169 target e 230 indicatori da qui al 2030 e un punto fondamentale è quello che riguarda lo stato di salute della popolazione. Per poter monitorare la situazione a livello globale, sono impiegati nel
progetto oltre 1.800 ricercatori in 124 nazioni che lavorano su 47 indicatori di salute, i cui risultati sono le stime di mortalità e di morbilità per causa, età, sesso e nazione, aggiornate dal 1990 all'anno più recente (2015), elaborate dagli esperti indipendenti della University of Washington di Seattle coordinati da Christopher Murray. Inoltre vengono anche misurati l’esposizione ai fattori di rischio, la mortalità e morbilità ad essi correlati, le stime sui DALYs (disability-adjusted life-years) e sull'aspettativa di vita in salute.
I 17 obiettivi vogliono migliorare una serie di condizioni della vita quotidiana, tra cui quelle legate allo stato di salute della popolazione, come il tasso di obesità e di infezioni, la mortalità infantile e l’incidenza di suicidi.
Ai primi posti della classifica troviamo quei paesi che hanno raggiunto, completamente o in parte, molti degli obiettivi: Islanda, Singapore, Svezia, Andorra, Gran Bretagna, Finlandia, Spagna, Olanda, Canada e Australia; agli ultimi posti si trovano invece la Repubblica centrafricana, la Somalia e il Sud Sudan. L’Italia invece occupa il ventesimo posto: i peggiori indicatori sono relativi alla violenza sulle donne da parte del partner, l'obesità, l'HIV, il fumo e l'inquinamento da polveri sottili, mentre c’è punteggio pieno per la prevenzione dei disturbi della crescita sotto i 5 anni, per la sconfitta della malaria e per l’assenza di guerre.
“In generale, più di tre quinti dei Paesi hanno già raggiunto gli obiettivi relativi alla riduzione della mortalità materna e infantile. Viceversa, solo piccoli miglioramenti sono stati raggiunti nel ridurre l'incidenza dell'epatite B, mentre gli indicatori che tracciano la prevalenza di obesità infantile e del consumo di alcolici sono in peggioramento”, asserisce Murray. In aggiunta, meno di un quinto dei paesi ha raggiunto l'accesso universale all'acqua potabile e ai servizi igienici e nessuno di essi ha completamente debellato infezioni come l'HIV e la tubercolosi. “E visti questi risultati, raggiunti nel corso degli ultimi 25 anni, l'obiettivo di cancellare queste patologie nei prossimi 15 anni è altamente irrealistico”.

Lancet. 2016. doi: 10.1016/S0140-6736(16)31467-2 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27665228

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