martedì 21 gennaio 2020

Pensioni medici Enpam e Inps: ecco come calcolarle


Con l’Enpam la pensione arriva a 68 anni, il metodo di calcolo è contributivo indiretto e si è favorita una riforma progressiva a partire dal 2013. Con l’Imps si va in pensione a meno di 67, il metodo di calcolo è il contributivo puro, cambiato bruscamente con la legge 335/95. Queste alcune delle differenze tra i due.

Oggi, con il numero di pensionati che inizia a crescere rispetto a quello dei lavoratori, i contributi su cui fare affidamento per le pensioni diminuiscono e quindi diventa utile un metodo di calcolo basato sui contributi versati durante tutta la vita lavorativa, ovvero il metodo contributivo.
In ambito Inps viene applicato il calcolo contributivo puro dal 1° gennaio 1996 in questo modo: se a quella data si avevano maturato meno di 18 anni di contributi veniva applicato subito il nuovo metodo; se invece si avevano maturato più di 18 anni di contributi veniva applicato a partire dal 2012. Ciò significa che chi si è pensionato prima del 2012 ha uno stipendio tutto calcolato con il sistema retributivo e chi ha preso lavoro dal 1996 in poi ha lo stipendio tutto calcolato con il sistema contributivo.
In termini tecnici, la pensione viene calcolata moltiplicando i contributi versati per un coefficiente chiamato "aliquota di rendimento": un indice che tiene conto di più fattori quali l'età di pensionamento, l'attesa di vita, il prodotto interno lordo del paese. Quando i medici ospedalieri erano nella Cassa Pensioni Sanitari, i contributi si rivalutavano a rendimenti anche del 4% annuo, mentre con l'Inps erano al 2%. Oggi l'assegno oscilla tra il 60 e il 70% dello stipendio e per questa ragione è raccomandabile, accanto alla previdenza obbligatoria, conferire qualche mini-fetta di stipendio al fondo pensione complementare.
Fino al 2012, l’anno della Riforma Fornero, l'assegno di pensione Enpam era legato al sistema di calcolo retributivo e dal 2013 poi, gradualmente, l'aliquota contributiva ha iniziato ad aumentare per garantire un monte contributi tale da non doversi preoccupare dell'entità dell'assegno di pensione. Oggi i tre principali fondi si comportano così: i medici di famiglia contribuiscono al Fondo Medicina Generale con il 21% (e si crescerà di un punto l'anno fino al 26% nel 2024), i pediatri con il 20 e veleggiano verso il 25; i liberi professionisti danno il 17,5% dei loro introiti al Fondo Generale Quota B e arriveranno al 19,5 nel 2021; gli specialisti ambulatoriali sono già al 29% e nel 2023 contribuiranno al 32,65% cioè ai livelli del contribuente Inps. Le aliquote di rendimento sono 1,25% per la quota B, 1,4% per la medicina generale, 2,1% per gli specialisti ambulatoriali; per ogni mille euro di contributi versati, un medico di famiglia ha 67 euro in più, un dentista 71, uno specialista 74. L'età pensionabile è stata innalzata dai 65 anni del 2012 al 68 del 2018, oggi invece per la pensione anticipata servono 62 anni e 35 di anzianità contributiva.
Per quanto riguarda la pensione Enpam quindi, la riforma è partita più tardi che in Inps e la parte di pensione maturata a tutto il 2012 è calcolata con i vecchi criteri; non è toccato quanto assegnato prima del 2013 (contributi ordinari, aliquota modulare, riscatti della laurea, allineamento, etc.); inoltre, per valutare la tenuta dei conti, si tiene conto del saldo corrente che include anche i proventi del patrimonio, diluendo in sostanza le probabilità di sacrifici per i contribuenti; infine, per i fondi maggiori, il metodo di calcolo della pensione "contributivo indiretto" se pure ormai considera un periodo di riferimento per il calcolo dell'assegno pari all'intera vita lavorativa, è legato ad aliquote di rendimento che oltre alla sostenibilità garantiscono equità intergenerazionale. Infine, la rivalutazione è agganciata all'inflazione invece che al PIL, che può avere anche un andamento prossimo allo zero. E i medici sotto i 50 anni la recuperano al 100%.

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