Storia d’amore e di crescita di un bambino irrequieto
Mirko ha otto anni, frequenta la terza elementare. Fin dalla prima ha dato filo da torcere alle sue insegnanti. Intelligente, pronto nella risposta, non resiste a lungo fermo nel suo banco in prima fila. Ha bisogno spesso di alzarsi, di andare dal suo amico in terza fila, di temperare la matita nel cestino, di uscire dall’aula per andare in bagno. Tutto questo andirivieni gli impedisce di mantenere l’attenzione sulle attività scolastiche e di ottenere brillanti risultati.
Su consiglio degli insegnanti i genitori decidono di rivolgersi alla psicologa e accompagnano il bambino nel mio studio. Durante il primo colloquio Mirko accusa la madre di coccolare troppo la sorellina di tre anni, nei confronti della quale esprime amore e aggressività insieme. Verso il padre ha un atteggiamento ”neutro”, tendente alla sottomissione e non
osa interromperlo mentre parla.
Contraddice invece continuamente la madre e instaura con lei veri e propri battibecchi. Durante l’ultimo quarto d’ora chiedo ai genitori di attendere il bambino fuori dallo studio in modo da consentirgli di parlare liberamente.
Mirko mi dice sottovoce: “lo sai cosa stanno facendo quei due là fuori”?
“Secondo te?”, gli rimando io.
“ Si baciano”.
E io: “Si?..”
E lui: ” Si baciano di nascosto..”
E io: “Forse si vogliono bene..”
E lui: ”Si vogliono bene tra di loro..”
Mirko esprime così il suo vissuto di esclusione, accentuato dalla convinzione che la madre ami di più la sorellina. La gelosia si estende al padre in quanto “usurpatore” dei baci materni.
E’ come se Mirko non avesse voglia di crescere, di separarsi dalla sua mamma, di condividerla con gli altri membri della famiglia. Concordo con i genitori un percorso di psicoterapia a cadenza settimanale, che aiuti il piccolo a riconoscersi come soggetto amato e a crescere uscendo dalla simbiosi con la madre. Decidiamo che sia il padre ad accompagnarlo nel mio studio e a restare presente in seduta per la prima mezzora.
Dopo una decina di incontri i due stabiliscono una nuova alleanza affettiva, di sovente preceduta da scontri verbali, come se ogni volta fosse necessario litigare prima di trovare l’intesa.
Quando il padre esce dalla seduta Mirko ne mette in risalto i difetti, ma gradatamente il suo discorso si sposta sugli amici. Un giorno mi presenta la sorellina che è accompagnata anche dalla madre. In mia presenza è attento alla bambina, la istruisce, la fa disegnare, le spiega come usare il foglio e i colori. Si capisce che vuol fare bella figura e nel momento in cui esprimo una lode nei confronti della piccola, lui dichiara che è ora che lei esca e vada a fare un giro con la mamma. “Restano i due maschi”, dico io sorridendo. Mirko approva con entusiasmo.
Capisco a questo punto che qualcosa sta cambiando nelle sue dinamiche affettive. Non ha paura di essere escluso, si sente più sicuro, a tratti dominante. I genitori segnalano che anche a scuola il comportamento è migliorato, le maestre dicono che è più attento, più collaborativo e sta facendo buoni progressi. Anche i suoi rapporti sociali sono più soddisfacenti, è entrato nella squadra di mini-basket e rispetta le regole del gioco. In una delle ultime sedute Mirko appare inquieto, mi fa capire che vuol dirmi qualcosa di particolare; con una scusa invito il padre ad uscire dalla stanza. Mirko si alza, mi viene accanto e sottovoce dice “Sai .. ho un segreto,..ma non posso dirtelo perché è un segreto..” Anch’io abbasso la voce e commento.
”Capisco.. i segreti .. sono segreti..”
“Se lo sa il mio amico che te lo dico..guai!”, aggiunge lui e mi scruta per capire se si può fidare. Si allontana da me e si dirige verso la finestra. A questo punto temo che non voglia più parlare.. Aspetto in silenzio un’altra sua mossa. Mirko è combattuto, ride tra sè e, cedendo infine alla tentazione, dice:
“Vediamo se indovini..”
In quel momento mi rendo conto che sta mantenendo l’impegno di non svelare il segreto, ma al tempo stesso vuole che lo indovini.
“Dammi una dritta” chiedo.
“Allora..., si chiama..., comincia per “a” e finisce per “a”
“Andrea?.. Antonia?.. Arancia?.. persona o cosa ?”
Mirko ride: “Persona..”
“Arianna?”, azzardo io.
“Noo più corto.”
“Anna?..”
Mirko fa un saltello, è felice che io abbia indovinato.. e va avanti liberamente:
“Siamo innamorati in due, io e il mio amico”
A questo punto, seguendo la logica degli adulti, chiedo:
“E lei.. di chi dei due è innamorata?”
“Noo, lei non lo sa.. sei matta.., mica possiamo dirglielo .. è un segreto..”
Ci salutiamo con nuovo calore, siamo complici, condividiamo un segreto.. Comunico al padre di Mirko che ormai siamo giunti al termine della psicoterapia e fisso le ultime tre sedute. Mirko non parlerà più del suo segreto, ma neanche della sua sofferenza per non stare in braccio alla mamma al posto della sorella, e neppure dei genitori spiati mentre si baciano escludendolo dalle loro effusioni. Preferisce spiegarmi come armeggia con gli attrezzi agricoli del nonno e come si azzuffa con i compagni durante la ricreazione, liquida la sorella con un “è una rompiballe” e fa progetti per quando andrà in campeggio.
“Però.. dillo tu a mia mamma di comprarmi gli occhiali da sole come quelli dei grandi”. Annuisco e, trasgredendo le regole della neutralità in psicoterapia, insisto perché gli vengano comprati gli occhiali da sole come quelli dei “grandi” perché sta davvero diventando grande. Quando lo saluto me lo immagino, ormai giovanotto di diciotto anni, che passeggia sul lungomare e cerca Anna, con lo sguardo nascosto dietro alle lenti scure. Ormai non ha più bisogno di me.
Di Maria Rosa Madera (Psicologa Psicoterapeuta)
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