venerdì 28 ottobre 2011

La psoriasi nel bambino

La terapia e la definizione della psoriasi, una malattia genetica


Da molto tempo esiste il dilemma se la sebopsoriasi costituisca un’entità clinica a sé stante e se naturalmente sia possibile, nei primi tre mesi di vita, porre diagnosi certa di psoriasi.
La malattia, com’è noto, presenta una notevole implicazione genetica, in quanto, sempre più frequentemente, è possibile osservare tale malattia cutanea in più soggetti appartenenti allo stesso albero genealogico.
E’ evidente, inoltre, che molti quadri clinici di tale malattia prima non erano conosciuti e venivano regolarmente confusi ed etichettati variamente come dermatiti seborroiche, dermatiti da pannolino, onfaliti, onicomicosi, blefariti, eczemi palpebrali ed eczemi del condotto uditivo esterno, disidrosi e micosi palmo-plantari, cheiliti e lingua a carta geografica, ecc. Soltanto negli ultimi venti anni, con la maggiore esperienza degli specialisti di dermatologia pediatrica e con l’affinamento ed il perfezionamento delle capacità diagnostiche, è stato possibile fare un numero sempre più elevato di osservazioni ed una più corretta e puntuale diagnosi di psoriasi, al punto che già nel primo mese di vita è ormai possibile cogliere degli
elementi semeiologici, che ci possono condurre in modo inequivocabile ad una diagnosi precisa di tale malattia.
Oggi, rivalutando retrospettivamente molti pazienti psoriasici, che presentavano già nei primi mesi di vita quadri dermatologici, anche importanti, possiamo dire con certezza che molte dermatiti seborroiche del lattante (ma esiste veramente questa malattia come entità clinica a se stante?) e molte dermatiti da pannolino, recidivanti e resistenti ai comuni trattamenti, altro non erano che quadri clinici della malattia psoriasica, già presenti nel periodo neonatale.
La pelle del neonato e del lattante, nei primi tre mesi di vita, è sotto l’influenza degli ormoni androgeni di provenienza materna, la cui attività si esplica soltanto nel primo trimestre di vita. Dopo il 4° mese di vita, siccome il lattante non è in condizione di produrre ormoni androgeni “in proprio”, cessa tale attività ormonale sulla cute neonatale; le ghiandole sebacee allora vanno incontro ad uno stato di quasi “letargo funzionale” sino al periodo adolescenziale, sino a quando cioè l’organismo comincia a produrre ormoni sessuali, e quindi cominciano a comparire quelle modificazioni dell’aspetto della cute stessa, che da liscia e vellutata com’è generalmente nel bambino, comincia a diventare più grassa, più seborroica, translucida, lucente e spesso oleosa.
Ciò avviene com’è noto a livello delle guance, del torace (regione mediosternale) e del dorso (regione interscapolo-vertebrale). Nel neonato, invece, il viso interamente, e soprattutto, il cuoio capelluto costituiscono le zone più seborroiche; qui la pelle è untuosa, oleosa, spesso con odore di rancido, che costituisce l’odore forte e caratteristico del sebo. Ecco allora che su una cute intensamente seborroica, una malattia cutanea, quale la psoriasi, nella sua forma localizzata o generalizzata, compare in soggetti geneticamente predisposti, che presentano cioè nell’albero genealogico una forte penetranza per tale dermatosi, e può assumere dei quadri clinici, che sono apparentemente o a volte veramente diversi da quelli tradizionali, tali da renderla quasi indistinguibile da una vera dermatite seborroica o da una dermatite da pannolino. La psoriasi quindi è come se si travestisse, mimetizzandosi cioè sulla pelle del neonato o del lattante, da dermatite di altro genere.
Il primo lavoro in letteratura che parla della sebopsoriasi compare nella letteratura veterinaria con il titolo“Sebopsoriasis in the dog” nel 1974 ad opera di Austin V.H . Il primo lavoro invece che parla della sebopsoriasi nell’uomo compare nella letteratura medica nel 1979, ad opera di Kerl di Graz.
Ma complessivamente sono pochi i lavori al riguardo e quasi tutti evidenziano il fatto che la sebopsoriasi, comparendo appunto su una cute seborroica, presenta una ricca colonizzazione ad opera del pityrosporum ovalis, in seno alle lesioni stesse, che quindi sono suscettibili di trattamento con farmaci antimicotici, quali ad esempio il bifonazolo e l’itraconazolo. Recentemente sono stati descritti alcuni casi di sebopsoriasi del viso e del cuoio capelluto trattati con tacalcitolo.

Clinica

La sebopsoriasi può localizzarsi al cuoio capelluto, a simulare a volte la dermatite seborroica del lattante, più volgarmente conosciuta come “crosta lattea”; quest’ultimo termine però è da abolire, in quanto ingenera confusione ed il convincimento errato che tale malattia cutanea sia espressione di intolleranza o peggio di allergia alle proteine del latte vaccino, conducendo pertanto all’impiego di inutili diete prive di latte vaccino (spesso a base di soia e derivati) per periodi abbastanza lunghi, con conseguente inadeguato apporto protidico-calorico indispensabile per la normale crescita del lattante.
Gli elementi semeiologici che ci consentono di differenziare una sebopsoriasi da una dermatite seborroica sono il bordo netto, ricoperto fino alla fine da una desquamazione biancastra, a volte anche giallognola, senza alone eritematoso periferico (le squame sovrastanti ricoprono cioè interamente, sino al bordo libero, l’eritema sottostante!), una maggiore infiltrazione, una scarsa o assente essudazione, senza fenomeni di macerazione, che sono più tipici della dermatite seborroica; il fatto infine che l’eritema sottostante viene osservato come per trasparenza, in quanto è presente nella psoriasi la pellicola scollabile di Duncan-Bulckley che ricopre interamente la superficie del corpo mucoso del Malpighi. Naturalmente la recidiva, puntuale ad ogni sospensione di una pure idonea terapia locale, così come la netta familiarità per psoriasi nell’albero genealogico del lattante, fanno orientare il sospetto diagnostico verso una forma di sebopsoriasi, piuttosto che verso una dermatite seborroica recidivante del lattante o verso una dermatite da pannolino recidivante del lattante. E’ da sottolineare infine come anche il termine di dermatite bipolare, tanto caro agli Autori Francesi sia in realtà da abolire, in quanto sta a significare soltanto una dermatite che interessa elettivamente la testa e la regione dell’area gluteo-perineale, ma non è specificatamente diagnostico in quanto tale evenienza è possibile che accada anche in altre malattie cutanee quali la dermatite seborroica, la psoriasi e la dermatite atopica.
Clinica della psoriasi nei primi due anni di età: anche in questa fascia di età la psoriasi presenta solitamente dei quadri clinici assai peculiari. Il volto è una delle sedi elettive di localizzazione della malattia sopratutto a livello palpebrale, periorbitario, retro ed endo-auricolare, la regione periorale e le pieghe del collo. Tutte le suddette localizzazioni possono essere caratterizzate da chiazze eritemato-squamose a bordi netti nettamente circolari ed ovalari, oppure da piccole lesioni così sfumate da rendere spesso ardua la diagnosi clinica stessa. La psoriasi delle pieghe infine, che prdeilige le superfici flessorie è una costante caratteristica clinica di questo periodo della vita.

Terapia

La terapia della sebopsoriasi è soprattutto una terapia per uso locale. Quando la malattia si localizza al cuoio capelluto si possono impiegare lozioni od emulsioni con cheratolitici a bassa concentrazione (acido salicilico 1%, urea 5% o 10%), delle sostanze oleose, tipo baby oil, contenenti vitamina E, per favorire la demarcazione delle squame. Per via orale si potranno somministrare soprattutto gocce di vitamina A.
Quando la sebopsoriasi si localizza alle pieghe e all’intero tegumento cutaneo, a parte le solite preparazioni contenenti principi attivi cheratolitici ( acido salicilico, urea) potranno essere impiegate creme contenenti sostanze antinfiammatorie, non steroidee, a volte anche creme contenenti antimicotici, ad es. imidazolici, oppure creme a base di tacalcitolo. Alle pieghe inguino-perineali, ascellari, e degli arti si può applicare con ottimi risultati una preparazione a base di eosina al 2% in soluzione acquosa. Per la detersione infine della cute del lattante potranno essere impiegati dei latti acidi e potranno essere utili dei bagni emollienti. E’ da ricordare inoltre che3 per diminuire il loro potere sensibilizzante è meglio che questi preparati cosmetici siano privi di nichel. Recentemente sono entrati in commercio, a livello mondiale, preparati (creme od unguenti) a base di immunosoppressori (tacrolimus e pimecrolimus), la cui reale attività benefica dal punto di vista terapeutico è tuttora oggetto di controversie.

Di Giuseppe Fabrizi (Università degli Studi del Molise)

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