mercoledì 12 ottobre 2011

Disturbi dell'erezione: non solo un problema maschile

I disturbi dell’erezione non riguardano solo chi ne è colpito, ma coinvolgono l’intera coppia. Perciò, quando il problema si manifesta, occorre rivolgersi subito ad un esperto.


I disturbi dell'erezione coinvolgono la coppia.
I deficit dell’erezione (DE) possono essere causati da diversi fattori sia “organici”, sia “psicogeni” che molte volte risultano essere concomitanti. Anche la DE organica è spesso correlata alla depressione o al disaccordo di coppia.
Nella maggioranza dei casi, proprio perché derivano dall’interazione di più componenti organiche, psicologiche e sociali, risulta efficace un approccio multidisciplinare che aiuta a raggiungere un’adeguata e stabile soluzione del problema.
Quando un uomo constata che il
funzionamento sessuale non è più come prima, quando gli insuccessi si ripetono e la preoccupazione aumenta, spesso “prova” per vedere come funziona: il circuito della verifica non rispetta le premesse più giuste del desiderio e spesso conferma il mal funzionamento. Segue la propensione all’evitamento, la vita sessuale diventa poverissima e si evitano anche le allusioni e le tenerezze che rischiano di essere fraintese e riconosciute come preliminari. La preoccupazione aumenta, insorge l’ansia da prestazione: il malessere è nella stragrande maggioranza sopportato a lungo prima di spingere l’uomo a chiedere aiuto.
Quando una donna comprende che il partner, a livello di prestazione sessuale non risponde come ha sempre fatto, frequentemente si pone delle domande del tipo: “Non mi desidera più?”, “non gli piaccio più come una volta?”, “ Ha un’altra?”, “Con chi lo fa se non con me?”. Può decidere di aspettare per capire, può provare ad essere più seduttiva, può diventare più gelosa e spesso tutto ciò spinge verso un evitamento della sessualità da parte dell’uomo, ancora più marcato.
Quando una coppia deve affrontare gli effetti di una DE la scelta del maschio di orientarsi verso l’urologo o l’andrologo deve rappresentare l’occasione per una diagnosi accurata dell’eziologia ed essere consapevoli le indicazioni dell’Andrologo avranno una ricaduta sulla partner.
Talvolta l’uomo si presenta al medico da solo, senza aver comunicato la decisione alla partner (“è un problema mio”), spesso è la donna che spinge verso una consulenza medica il compagno (“è un problema tuo”), oggi più frequentemente la coppia si presenta insieme (“è un problema nostro”). Riuscire a parlare insieme delle difficoltà è il primo passo verso la ricerca di soluzioni condivise.
Nel 1998 l’avvento del sildenafil, altamente pubblicizzato dai media, ha creato un significativo cambiamento della gestione del problema: il sintomo è stato in parte sdrammatizzato ed è aumentato il numero di pazienti che riferiscono una DE fiduciosi di poterla risolvere. Sono anche iniziate le richieste di farmaco per “super-prestazioni” e sono frequenti i fraintendimenti sul corretto utilizzo del farmaco stesso.

Tab 1


MATERIALI E METODI
Oggi i trattamenti disponibili si possono differenziare per il diverso grado di “invasività medica” (Tab. 1). Non contempliamo in quest’ambito la terapia dell’EP in quanto tale trattazione fa parte di un altro capitolo.
Dato per scontato che qualsiasi intervento del medico interferisce (si auspica in senso favorevole ma non è detto) sulla sessualità della coppia la nostra attenzione inizia ancor prima della raccolta dell’anamnesi da come si pongono gli interlocutori rispetto al medico e rispetto al problema che intendono affrontare.
Di solito il clinico avveduto accoglie favorevolmente l’interlocuzione della coppia piuttosto che del singolo individuo anche se una parte della raccolta anamnestica dovrà essere eseguita in un téte a téte per ovvi motivi. Una parte dell’anamnesi potrà essere opportunamente raccolta nel corso dell’esame obbiettivo per favorire ulteriormente la privacy del colloquio.
E’ evidente che le risposte a certi quesiti anamnestici (“Ha notato se ci sono erezioni mattutine?”) possono avere una valenza positiva: non di rado la constatazione comune di una possibile attività sessuale al risveglio porta a modificare le abitudini della coppia in senso costruttivo. Vi sono poi quesiti di coppia (sulla contraccezione e sulla lubrificazione) e quesiti che riguardano l’anamnesi femminile (menopausa, dolori coitali, piacere) che hanno un’ovvia ricaduta sul maschio e pertanto vanno posti e ricevono spesso una risposta più esauriente dalla diretta interessata.
Viceversa nei casi in cui la partner non sia presente sarà opportuna un’eventuale sua convocazione per un secondo incontro nel corso del quale si potranno “tirare assieme le prime somme” alla luce di alcuni esami eseguiti e delle modificazioni del quadro nel periodo intercorso.
Anche nell’iter diagnostico vi sono alcuni accertamenti quale l’autofotografia che effettuiamo spesso sia in casi di incurvamento penieno sia in presenza di asseriti problemi dimensionali che possono consentire un migliore confronto non solo tra medico e paziente ma anche nell’ambito della coppia.
Dal 1999 abbiamo proposto l’esecuzione del test al sildenafil con valenza diagnostica: la somministrazione di un questionario specifico favorisce il primo contatto tra l’interlocutore e lo psicologo – sessuologo che raccogliendo i dati ha l’occasione di allargare lo sguardo su problematiche più ampie e di coppia.

RISULTATI
Un primo livello è quello farmacologico orale e prevede una corretta informazione sul meccanismo di azione del farmaco.
Qualora si somministrino sildenafil, vardenafil o tadalafil è bene chiarire alla coppia il concetto che senza un’adeguata stimolazione sessuale il farmaco non produce effetti. E’ bene che la partner sia resa edotta del fatto che la terapia non incide sulla libido (per cui la donna rimane oggetto di un’attenzione “naturale” da parte del suo partner).
Nei casi in cui venga consigliata una terapia ormonale occorre spiegare che i tempi d’azione sono lenti. Oggi spesso le coppie sono fuorviate dalla velocità di azione di altri farmaci e pretendono un effetto “tutto e subito” anche da terapie che hanno un’efficacia più lenta. In questa fase molte coppie hanno anche bisogno di affrontare conflitti più o meno espliciti che possono influenzare la qualità della loro relazione. Le difficoltà di prestazione sessuale di un partner influenzano inevitabilmente il desiderio e l’iniziativa sessuale della coppia e hanno ricadute sulla sua serenità e stabilità.

Un secondo livello è quello farmacologico iniettivo.

Le indicazioni all’autosomministrazione di PGE1 sono essenzialmente due:
  • PGE1 a scopo riabilitativo
  • PGE1 a scopo terapeutico
Anche quando la farmacoerezione endocavernosa risulta efficace può avvenire che le modalità di azione non rispettino i tempi e le modalità fisiologiche.
Nel contesto sessuale e di coppia bisogna introdurre alcune varianti:
  • In prossimità di un rapporto occorre che la coppia o il maschio da solo inserisca i tempi necessari per eseguire una pratica medica; esistono delle situazioni in cui il partner maschile preferisce non informare la donna di aver eseguito l’autosomministrazione.
  • Nei casi in cui, viceversa, la scelta terapeutica è ben condivisa occorre rendere edotta la coppia che in effetti, se il farmaco funziona, per ottenere una rigidità sufficiente per la penetrazione non è sempre necessaria l’eccitazione; qualora questa constatazione infici la qualità del rapporto può essere utile spiegare meglio la funzionalità del farmaco che agisce a livello dei corpi cavernosi e non del corpo spongioso per cui la “funzionalità” del glande rimane di pertinenza della coppia.
  • Dopo un rapporto non segue necessariamente una caduta dell’erezione. Questo da un lato consente di gestire in modo ottimale un’eventuale eiaculazione precoce coesistente. Dal versante femminile può creare dei “qui pro quo” sulla necessità di un rapporto più prolungato al fine di far recedere, come avviene abitualmente, l’erezione persistente o residua. Le problematiche relative alla lubrificazione ed all’accettazione femminile di un rapporto troppo prolungato sono di ovvia comprensione.
In generale, in presenza di pazienti che eseguono una farmacoerezione endocavernosa è necessario lavorare sulla motivazione mediante un adeguato supporto psicologico. Viceversa l’abbandono di questa terapia è molto frequente.

Un terzo livello prevede trattamenti chirurgici proponibili solo per casi di grave non funzionamento.
Il chirurgo può trovare indicazione all’esecuzione di una rivascolarizzazioni specie nei pazienti giovani che hanno sviluppato un a DE post-traumatica. In questi casi, qualora l’intervento abbia successo, non si hanno ricadute negative sull’erezione che mantiene un meccanismo fisiologico. Qualora l’indicazione sia l’inserimento di protesi l’obbiettivo sarà quello di un ripristino della rigidità penalizzando la fisiologicità dell’erezione.

CONCLUSIONI
L’importanza della collaborazione di due figure il clinico e lo psicologo è già stata sottolineata da diversi Autori anche se nella pratica spesso vi è un contrasto tra due professionisti dai quali il paziente si aspetta un’attiva cooperazione per risolvere i suoi problemi.
Sia nel capitolo dei materiali sia in quello dei risultati emerge quella che è la nostra attuale impostazione di lavoro.
L’assioma “in primum non nocere” ci porta a concludere indicando le cose da non fare.

Gli errori da non fare

A livello diagnostico
  • Evitare di eseguire un corretto iter diagnostico 
  • Escludere la partner 
  • Confondere il calo del desiderio con la DE 
  • Non diagnosticare i casi in cui il calo del desiderio è secondario a DE 
  • Confondere un calo di prestazione con una DE vera e propria
A livello terapeutico

Terapia orale:
  • Forzare il paziente (o la coppia) all’uso di sildenafil, tadalafil o vardenafil 
  • Curare un’eventuale eiaculazione precoce come se fosse una DE 
  • Favorire la dipendenza psicologica dal farmaco (è meglio parlare di ciclo terapeutico)
Farmacoerezione intracavernosa:
  • Prescrivere la farmacoerezione quando la coppia è altamente conflittuale
Protesi:
  • Porre l’indicazione all’inserimento di protesi peniena come soluzione tesa a recuperare un’erezione “fisiologica”.
Di Carlo Trombetta

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