lunedì 20 maggio 2013

La lattoferrina per os, un'importante alternativa priva di effetti indesiderati, nella prevenzione e trattamento dell'ipoferremia ed anemia da carenza di ferro in gravidanza

Piera Valenti (Dipartimento di Scienze di Sanità Pubblica, Sapienza Università di Roma, Enrica Pacifici (Nuova Clinica Annunziatella, Via Meropia 124, Roma), Miriam Pietropaoli (IDEES ONLUS, Via Garibaldi 59, Roma), Rosalba Paesano (Dipartimento di Ostetricia e ginecologia, Sapienza Università di Roma, Piazzale Aldo Moro 5, Roma)


Abstract
Iron is an essential element for humans. The body iron, about 3 g in women and 4 g in men, is mainly incorporated in the haemoglobin, myoglobin and cytocromes (2-2.7 g). In bone marrow, every day, 20 mg of iron deriving from lyses of senescent erythrocytes, are utilized for the synthesis of the new erythrocyte heme. The non-hemic iron store in cells and blood is guaranteed by ferritin, a protein able to sequestrate more than 4500 iron atoms per molecule. Iron deficiency is the most common nutritional deficiency, and an important nutritional disorder afflicting about two billion of people in the world. Iron deficiency has been identified by World Health Organization as one of the ten risk factors for illness, disability and death in the world. Moreover, iron deficiency in pregnant women as a consequence of an increased iron requirement, due to enhanced blood volume and development of foetal-placenta unit, represents a high risk for maternal and infant health: preterm delivery, foetal growth retardation, low birth weight, inferior neonatal health.

There are three possible ways to prevent and control the development of iron deficiency and iron deficiency anaemia. These encompass dietary diversification, food fortification, and individual supplementation. Anyway, the preferred treatment of these pathologies consists in oral administration of iron as ferrous sulphate. However, the large quantity of ferrous sulphate to be administer to subjects, suffering of iron deficiency and iron deficiency anaemia, is related to the poor bio-availability of inorganic iron. Moreover, ferrous sulphate oral administration often fails to exert significant effects on iron deficiency and iron deficiency anaemia, and frequently causes many problems, including gastrointestinal discomfort, nausea, vomiting, diarrhoea, constipation, and sometimes may increase the susceptibility to infections.
Lactoferrin, a glycoprotein synthesised by exocrine glands and neutrophils, able to chelate two ferrric ions per molecule, can be an interesting alternative to ferrous sulphate in preventing and curing iron deficiency and iron deficiency anaemia in pregnant women.
The idea to orally administer lactoferrin is very fashionable, by the light of the recent knowledge on the role of inflammation in iron homeostasis.
As matter of fact, recent clinical studies have clearly demonstrated the efficacy of lactoferrin in rescuing iron homeostasis, in the absence of any side effect. Lactoferrin, orally administered, restores the physiological levels of iron in the blood, thus preventing a cell damage induced by iron overload in the tissues.
Key words: Lactoferrin, iron, hypoferremia, anaemia, pregnancy

RIASSUNTO
Il ferro è un elemento essenziale per gli esseri viventi. Il ferro corporeo, circa 3 g nelle donne e 4 g nell’uomo, è prevalentemente incorporato nell’eme dell’emoglobina, della mioglobina e dei citocromi (2-2,7 g). Nel midollo ogni giorno 20 mg di ferro, derivanti dalla lisi degli eritrociti senescenti, sono utilizzati per la sintesi dell’eme dei nuovi eritrociti. La riserva di ferro non-emico nelle cellule e nel sangue è garantita dalla ferritina, capace di sequestrare più di 4500 atomi di ferro per molecola.
Nel mondo, ancora oggi, la carenza di ferro continua ad essere il maggiore disordine da deficit nutrizionale che affligge due miliardi di persone. Questa carenza nutrizionale è stata identificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come uno dei dieci fattori di rischio per malattie, disabilità e morte nel mondo. In particolare, la carenza di ferro diventa un serio problema in gravidanza, in quanto contribuisce significativamente ad incrementare i rischi per la madre (parto prematuro e mortalità) e per il neonato (basso peso alla nascita e ritardo mentale). Ad oggi, esistono 3 possibili vie per prevenire e curare la carenza di ferro e le anemie da carenza di ferro in gravidanza: diete modificate e diversificate, diete con cibi arricchiti in ferro e terapie con somministrazioni di composti a base di ferro. Esistono, tuttavia, molteplici dubbi circa l’utilità di terapie con composti dello ione ferroso sia per la loro scarsa efficacia che per i numerosi effetti collaterali, ampiamente dimostrati. La lattoferrina, una glicoproteina naturale prodotta dalle ghiandole esocrine e dai neutrofili, capace di chelare due ioni ferrici per molecola, può rappresentare una valida alternativa terapeutica nella prevenzione e cura di stati di carenza di ferro.
L’idea infatti di somministrare per os la lattoferrina nella prevenzione e cura della carenza di ferro e dell’anemia da carenza di ferro è apparsa molto promettente, soprattutto alla luce delle nuove conoscenze sul ruolo che questa proteina può svolgere nel complesso meccanismo dell’omeostasi del ferro.
Recenti trials clinici hanno dimostrato come la lattoferrina, a fronte di un’ottima tollerabilità, svolga un ruolo determinante nell’omeostasi cellulare e sistemica del ferro, ripristinando la quantità fisiologica del ferro nel sangue e prevenendo contestualmente un dannoso sovraccarico di questo elemento nei tessuti. Parole chiave: Lattoferrina, ferro, ipoferremia, anemia, gravidanza

INTRODUZIONE
IMPORTANZA DEL FERRO
Il ferro è un elemento essenziale per gli esseri viventi. Nell’uomo è un componente in forma emica dell’emoglobina, della mioglobina e dei citocromi e in forma non-emica di vari enzimi e proteine, tra cui la transferrina, la ferritina e l’emosiderina.
Il contenuto di ferro corporeo è di circa 50 mg/Kg che equivale a circa 3 g nella donna e 4 g nell’uomo. In condizioni normali, circa due terzi del ferro corporeo totale è incorporato come ferro-emico nell’emoglobina dei globuli rossi.
Negli epatociti e nei macrofagi che fagocitano e lisano gli eritrociti senescenti vengono accumulati 0,5-1 g di ferro, mentre nel midollo osseo ogni giorno 20 mg di ferro derivanti dalla lisi nella milza degli eritrociti senescenti sono riutilizzati per la sintesi dell’eme dell’emoglobina dei nuovi eritrociti. La riserva di ferro non-emico nelle cellule e nel sangue è garantita dalla ferritina, una proteina capace di sequestrare più di 4500 ioni ferrici ed, in misura minore, dall’emosiderina.
La funzione di trasporto del ferro dal sangue ai tessuti avviene ad opera della transferrina, una glicoproteina in grado di chelare due ioni ferrici per molecola, trasportarli e rilasciarli nei tessuti (1).
La quantità totale di ferro depositato nei tessuti è regolata da complessi meccanismi che ne impediscono l’accumulo in quantità eccessive e potenzialmente tossiche nel parenchima di vari tessuti, tra cui quello epatico, pancreatico e cardiaco (2).
Il ferro, se accumulato nelle cellule in forma libera, ovvero non legato a specifici ligandi, è tossico a causa della:
i- scarsa solubilità e precipitazione della sua forma ossidata (Fe3+)
ii- capacità di indurre la produzione di specie reattive dell’ossigeno (superossidi e radicali idrossilici) in grado di danneggiare vari componenti cellulari quali proteine, lipidi e DNA
iii- capacità di favorire la moltiplicazione microbica (3)
iv- capacità di attivare i mediatori dell’infiammazione.

È questo il motivo per cui nell’uomo la quantità di ferro libero nei fluidi biologici e nei tessuti deve essere regolata in modo da non eccedere la concentrazione di 10-18 M, molto lontana da quella che indurrebbe sia la produzione di specie reattive dell’ossigeno sia la moltiplicazione microbica e virale (4).
Un uomo adulto e una donna non più fertile perdono circa 1 mg di ferro al giorno attraverso l’esfoliazione degli enterociti e delle cellule della cute, mentre il ferro non assorbito dalla dieta viene escreto con le feci. Nella donna fertile la perdita di ferro raddoppia a causa delle mestruazioni, con le quali vengono ulteriormente persi da 20 a 40 mg di ferro al mese.
Nei soggetti sani queste perdite fisiologiche vengono giornalmente reintegrate con la dieta. Nei paesi sviluppati, una dieta congrua apporta circa 6 mg di ferro, di cui circa 2 mg vengono assorbiti giornalmente nel duodeno. La dieta è l’unica fonte di acquisizione di ferro e quindi il suo assorbimento è un processo altamente regolato, anche perchè nell’uomo manca un’attiva via di escrezione.
Negli ultimi anni è apparso evidente come sia errato e parziale parlare di sola regolazione dell’assorbimento del ferro, ignorando le recenti conoscenze sulla regolazione cellulare e sistemica dell’acquisizione e rilascio di questo importante elemento, chiaramente descritte da Ganz e Nemeth (5).

OMEOSTASI DEL FERRO
Molti prodotti di supplementazione del ferro, sia farmaceutici sia neutraceutici attualmente in commercio, vengono indicati come utili al ripristino dell’omeostasi del ferro. Tale sommaria indicazione genera spesso confusione in quanto non viene mai indicato su quale tappa del complesso meccanismo dell’omeostasi del ferro agiscano tali prodotti. La descrizione della regolazione cellulare e sistemica dell’omeostasi del ferro può fornire elementi per un valido giudizio sui prodotti più efficaci nella risoluzione della carenza di ferro e dell’anemia da carenza di ferro.
REGOLAZIONE CELLULARE DELL’OMEOSTASI DEL FERRO
Acquisizione cellulare del ferro
Il ferro è un elemento essenziale per tutti gli esseri viventi e di conseguenza per tutte le cellule.
Il ferro viene acquisito dalle cellule di tutti i tessuti tramite la formazione e la successiva endocitosi del complesso tra la transferrina satura in ferro ed il suo specifico recettore (1). Una volta rilasciato dalla vescicola endocitica, il ferro viene sequestrato all’interno della cellula dalla ferritina, che può accumulare fino a 4500 ioni ferrici per molecola.
Acquisizione del ferro dagli enterociti
Negli enterociti, specifiche proteine transmembrana mediano l’acquisizione del ferro in forma emica e non-emica dal lume intestinale (6). Anche se il trasporto del ferro come eme è meno conosciuto, all’interno degli enterociti il ferro rilasciato dall’eme, grazie ad un’ossigenasi, segue lo stesso percorso di quello non-emico. Il ferro non-emico introdotto con la dieta è primariamente ridotto a ione ferroso e poi accumulato, come già descritto per le altre cellule, nella ferritina intracellulare (7) (Figura 1).
Escrezione del ferro dalle cellule
Anche se nell’epatocita, nel monocita, nel macrofago e nella cellula emopoietica esistono sistemi di acquisizione del ferro differenti da quelli dell’enterocita, ad oggi si conosce una sola proteina in grado di esportare il ferro dalle cellule al circolo: la ferroportina. La ferroportina è presente in tutte le cellule coinvolte nell’export del ferro, inclusi gli enterociti, gli epatociti, i macrofagi e le cellule della placenta (8-10) (Figura 1 e Figura 2).
Figura 1. Assorbimento ed escrezione del ferro negli enterociti. L’assorbimento avviene mediante riduzione dello ione ferrico (•) a ione ferroso (•) nella parte apicale dell’enterocita e successivo trasporto attraverso un trasportatore di metalli bivalenti (DMT). Il ferro viene accumulato nella ferritina, mentre l’escrezione si realizza attraverso la ferroportina.
Figura 2. Trasporto del ferro dai tessuti al circolo.

Carenza o sovraccarico di ferro nelle cellule
Occorre ricordare che circa ¼ del ferro corporeo, pari a 0,5-1 g, è accumulato negli epatociti e nei macrofagi come riserva per l’eritropoiesi. Le cellule, in situazioni patologiche, possono trovarsi in carenza o in eccesso di ferro. Stati di carenza di ferro sono associati ad una bassa concentrazione di ferritina intracellulare e ad un aumento dei recettori della transferrina e clinicamente si traducono in un’anemia da carenza di ferro.
Il sovraccarico di ferro invece si può sviluppare quando il suo assorbimento, sia attraverso la dieta sia per supplementazione farmacologica, eccede l’utilizzazione o l’escrezione per esfoliazione degli epiteli. Questi stati sono bilanciati da un aumento della concentrazione della ferritina intracellulare e da una diminuita espressione dei recettori della transferrina soprattutto nel fegato, che è conosciuto da tempo essere il più importante organo di riserva del ferro. Inoltre, anche mutazioni della ferroportina conducono a stati di sovraccarico di ferro nel parenchima tessutale del fegato e di altri organi come cuore, pancreas e ghiandola pituitaria (11, 12).
Il sovraccarico di ferro libero, non legato a specifici ligandi, è dannoso per l’ospite in quanto induce un aumento della produzione di specie reattive dell’ossigeno ed incrementa la suscettibilità alle infezioni (3).
REGOLAZIONE SISTEMICA DELL’OMEOSTASI DEL FERRO
Il controllo sistemico del ferro avviene attraverso la regolazione della sua acquisizione con la dieta. Un’eccessiva esposizione ad elevate dosi di ferro induce un blocco dell’assorbimento (13, 14), mentre un incremento dell’assorbimento è osservato in risposta ad una inefficace eritropoiesi o ipossia.
Il trasporto del ferro dagli enterociti al sangue avviene attraverso la ferroportina (15), come schematizzato nella Figura 2. Nel sangue, il ferro viene complessato dalla transferrina e trasportato sia al fegato che al tessuto eritropoietico, dove viene incorporato nell’eme, che rappresenta il più grande pool di ferro nell’uomo. Gli eritrociti senescenti (120 giorni di vita) vengono fagocitati dai macrofagi che immagazzinano il ferro o lo rilasciano nel sangue sempre via ferroportina, secondo il fabbisogno (Figura 2).
L’assorbimento del ferro da parte degli enterociti ed il suo riciclo da parte dei macrofagi sono quindi due fasi fondamentali ed altamente regolate che, se rese nulle o danneggiate per molteplici cause, portano ad un difetto nell’omeostasi del ferro. In particolare, uno stato di ipoferremia può essere associato ad un sovraccarico di ferro principalmente nel fegato (16) e nei macrofagi (15). È stato dimostrato che negli epatociti il ferro modula la sintesi di un piccolo peptide, l’epcidina che, escreto nel sangue, svolge un ruolo chiave nell’omeostasi del ferro (10, 17, 18). Questo peptide, la cui sintesi è indotta anche da stati infiammatori, negli enterociti e nei macrofagi è in grado di legarsi alla ferroportina, che viene quindi internalizzata e degradata nelle cellule, rendendo così impossibile il trasporto del ferro dalle cellule al sangue (19, 20).
Ne consegue che l’incapacità degli enterociti e dei macrofagi di trasportare il ferro al sangue, a causa del legame tra la ferroportina e l’epcidina, può condurre a stati di carenza di ferro (21, 22).
Condizioni di ipossia, quali quelle che si possono verificare nei difetti di eritropoiesi, inducono invece una diminuzione dell’espressione dell’epcidina, e conseguentemente un aumento del trasporto del ferro dai tessuti al sangue (23).
Da quanto detto, si può dedurre che in stati di ipoferremia un’efficace terapia dovrebbe considerare anche la modulazione della espressione della ferroportina, unica proteina in grado di trasportare il ferro dai tessuti al circolo.
EPIDEMIOLOGIA DELLA CARENZA DI FERRO E DELL’ANEMIA DA CARENZA DI FERRO
Nel mondo, ancora oggi, la carenza di ferro continua ad essere il maggiore disordine da deficit nutrizionale che affligge circa due miliardi di persone. Il deficit di ferro è diffuso in soggetti di ogni età, sesso e classe socio-economica, non conosce confini geografici e rappresenta un problema di salute pubblica in molte nazioni. Il deficit di ferro dovuto ad una sua carenza nella dieta riguarda principalmente i paesi in via di sviluppo, ma si riscontra anche nei paesi industrializzati in soggetti appartenenti alle classi economiche più agiate che, per motivi religiosi o culturali (per esempio vegetariani), non assumono cibi contenenti quantità adeguate di ferro.
Inoltre, nel World Health Report -Reducing Risks, Promoting Healthy Life- la carenza nutrizionale di ferro è stata identificata come uno dei dieci fattori di rischio per malattie, disabilità e morte nel mondo (24).
Nei paesi industrializzati la stima della carenza di ferro nella popolazione è di norma ricavata da specifici indicatori di laboratorio, quali il numero di globuli rossi, la concentrazione della emoglobina, del ferro serico totale, della ferritina serica e della percentuale dell’ematocrito.
Idisturbi provocati da carenza di ferro sono molto variabili e si presentano di solito come condizione cronica che si manifesta con sintomi non specifici, quali astenia e facile stancabilità, palpitazioni, mancanza di respiro, pallore cutaneo, comparsa di piccole ulcere agli angoli della bocca e bruciori alla lingua.
ANEMIA DA CARENZA DI FERRO IN GRAVIDANZA
La carenza di ferro, oltre ad avere un significativo impatto sullo stato di salute degli individui, diventa un serio problema in gravidanza, in quanto contribuisce significativamente ad incrementare i rischi per la madre (parto prematuro e mortalità) e per il neonato (basso peso alla nascita, ritardo mentale e rischio di sviluppare carenza di ferro dopo i primi 4 mesi di vita) (25).
A causa dell’espansione della massa dei globuli rossi materni e della crescita dell’unità feto-placenta, durante la gravidanza la richiesta di ferro aumenta in accordo con i differenti trimestri. Infatti nel primo trimestre la richiesta di ferro è pari a 2 mg/die, nel secondo trimestre è tra 4 e 5 mg/die e nel terzo è > 6 mg/die in donne con peso medio di 50 Kg (26). Tuttavia occorre ricordare che non tutto il ferro somministrato è assorbito, per cui è raccomandata una somministrazione maggiore per ottenere gli effetti desiderati.
La regolazione del trasporto di ferro dalla madre al feto è facilitata sostanzialmente dall’aumentato assorbimento del ferro da parte della madre durante la gravidanza ed è regolato dalla placenta (27). Infatti, quando il ferro materno è deficitario, i recettori placentari per la transferrina aumentano, così che gran parte del ferro materno legato alla transferrina circolante viene captato e trasportato all’interno della cellula placentare per endocitosi (28).
All’interno delle cellule placentari, il ferro è rilasciato dalla transferrina circolante ed accumulato nella ferritina. La transferrina viene successivamente riportata alla superficie delle cellule e rilasciata nel circolo materno in forma insatura. La placenta funge pertanto da regolatore del passaggio del ferro dalla madre al feto (29). La maggior parte del ferro viene trasferito al feto dopo la 30^ settimana di gravidanza, periodo di massimo assorbimento del ferro da parte della madre (29).
Numerosi sono i dati in letteratura riguardo la correlazione tra l’aumentato rischio di mortalità materna, di parto prematuro, di morbidità neonatale e una severa anemia (30, 31), anche se non vi sono ancora sufficienti informazioni per stabilire la concentrazione di emoglobina al di sotto della quale aumenta il rischio di mortalità (29). È sorprendente come rispetto ad un così ampio ed importante problema sulla salute della donna e del nascituro ci siano ancora oggi molteplici dubbi circa la terapia marziale in gravidanza. Molti Autori, infatti, trovano discutibile la supplementazione di ferro in quanto, spesso, il discreto risultato in termini di ripristino dei valori ematici della gestante non è correlato ad un accettabile profilo di tollerabilità (29, 32-34).
Il problema della carenza di ferro e dell’anemia da carenza di ferro in gravidanza è un problema ancora così importante che l’OMS si è prefisso l’ambizioso obiettivo di ridurre entro il 2010 a circa il 5% la frequenza di questa patologia nelle gestanti.
PREVENZIONE E TRATTAMENTO DELL’ANEMIA DA CARENZA DI FERRO IN DONNE IN GRAVIDANZA
La diagnosi di stati di carenza di ferro è basata sui livelli di ferro serico totale e di ferritina serica, mentre quella di anemia da carenza di
Tabella I. Parametri ematici che stabiliscono la carenza di ferro e l’anemia da carenza di ferro.

ferro è stabilita dal numero di globuli rossi e dalla concentrazione di emoglobina. Iparametri che definiscono gli stati di carenza di ferro e di anemia da carenza di ferro in donne in gravidanza sono riassunti nella Tabella I.
L’anemia viene classificata come:
- lieve, se l’emoglobina è compresa tra 9-11 g/dl,
- moderata, se l’emoglobina è compresa tra 7-9 g/dl,
- severa, se l’emoglobina è < 7 g/dl,
- molto severa, se l’emoglobina è < 4 g/dl.

Per prevenire e curare l’anemia da carenza di ferro sono stati proposti diversi tipi di interventi. Essi includono:
• diete modificate e diversificate per aumentare il valore nutrizionale e la biodisponobilità di ferro, • diete con cibi arricchiti di ferro (cibi fortificati),
• terapie con somministrazione di ferro.

Diete modificate e diversificate
L’assorbimento del ferro avviene nel duodeno dove 1-2 mg di ferro, introdotti con la dieta, vengono assorbiti giornalmente. Normalmente una dieta adeguata compensa le perdite di ferro, la cui omeostasi viene mantenuta grazie alle riserve ed alla regolazione del suo assorbimento. Il ferro presente negli alimenti è assorbito in misura ridotta rispetto alla quantità ingerita. Nei soggetti sani, l’assorbimento del ferro è strettamente correlato al tipo di cibo assunto: il ferro emico è assorbito più facilmente di quello non-emico. Il ferro emico è presente negli alimenti di origine animale, mentre il ferro non-emico si trova soprattutto nei vegetali dove è presente in forma ossidata (Fe3+) e più precisamente sotto forma di idrossido ferrico oppure debolmente legato a composti organici. Per essere assorbito, il ferro deve essere ridotto a ione ferroso (Fe2+) ed essere rilasciato dai composti a cui è chelato. Nelle Tabelle II e III sono riportati sia gli alimenti che apportano ferro sotto forma di eme, più facilmente assorbibile (Tabella II), sia quelli contenenti ferro non-emico (TabellaIII).
Modifiche e diversificazioni della dieta nella gravidanza, post-gravidanza e nei bambini tra i 6 e i 24 mesi di età hanno tuttavia scarsa efficacia nel trattamento della carenza di ferro e delle anemie relative.
Diete con cibi arricchiti di ferro
Anche se l’OMS (35) ha riconosciuto l’utilità di cibi fortificati in ferro occorre tuttavia ricordare che l’uso di questi alimenti arricchiti può aumentare il rischio di accumulo di ferro nei tessuti e nelle secrezioni con conseguente danno cellulare causato dalle specie reattive dell’ossigeno come anche incrementare la suscettibilità dell’ospite alle infezioni microbiche e virali (3, 11).
Terapie con somministrazione di ferro
Stime dell’OMS riportano che dal 35 al 75% delle donne che vivono nei Paesi in via di sviluppo ed il 18% delle donne che vivono nei Paesi industrializzati sono anemiche prima del concepimento (WHO 2001).
Tabella II. Cibi contenenti ferro emico
Tabella III. Cibi contenenti ferro non-emico

Come ben noto, nella gravidanza il fabbisogno di ferro aumenta da 1-2 mg fino ad oltre i 6 mg/die. L’obiettivo della supplementazione di ferro in gravidanza è quello di riportare a livelli fisiologici il numero dei globuli rossi, la concentrazione dell’emoglobina, il ferro serico totale e la ferritina serica.
La supplementazione di ferro può essere eseguita mediante somministrazione di ioni ferrosi o di ioni ferrici. Lo ione ferroso viene trasportato passivamente all’interno delle cellule, mentre lo ione ferrico, tendendo a formare complessi con altri composti, necessita di un trasporto attivo che richiede energia alla cellula. Pertanto, in genere viene somministrato lo ione ferroso sotto forma di ferro fumarato, ferro solfato o ferro gluconato.
In Italia la terapia classica per il trattamento della carenza di ferro e delle anemie da carenza di ferro in gravidanza è costituita dalla somministrazione orale di una tavoletta di 520 mg/die di solfato ferroso contenente 154 mg di ferro elementare.
È noto, e risulta anche dal rapporto del V Programma quadro dell’UE (www.rowett.ac.uk/femmes), come somministrazioni di ferro elementare maggiori di 60-100 mg/die aumentino gli effetti indesiderati quali irritabilità gastrica (crampi, nausea, vomito) e disturbi intestinali (dolori, costipazione e diarrea). Mentre i primi sembrano essere associati ad irritazione delle mucose e ad un’alterata motilità intestinale, dipendenti dalla disponibilità di ferro libero nel lume gastroenterico (36), i disturbi intestinali potrebbero correlarsi alle variazioni della flora batterica intestinale indotte dalla presenza del ferro.
Studi recenti in donne in gravidanza affette da ipoferremia e anemia da carenza di ferro hanno mostrato, dopo 30 giorni di somministrazione per os di solfato ferroso (520 mg/die), un aumento clinicamente non significativo dei valori dell’emoglobina e del numero dei globuli rossi, e valori invariati del ferro serico totale e della ferritina serica (37, 38).
Dai dati di letteratura appare chiaro che la terapia con solfato ferroso presenta ancora alcune importanti problematiche. Per ottenere risultati clinicamente accettabili nel trattamento della ipoferremia e dell’anemia da carenza di ferro, peraltro limitati al solo incremento della concentrazione dei globuli rossi e dell’emoglobina (37), si è indotti a somministrarne un’alta dose giornaliera, che comporta un accumulo di ferro a livello enterico e conseguentemente un aumento degli effetti indesiderati a livello gastrointestinale quali costipazione, diarrea, nausea e vomito.
LA LATTOFERRINA: UN TRATTAMENTO EFFICACE NELLA PREVENZIONE E CURA DELL’IPOFERREMIA E ANEMIA DA CARENZA DI FERRO IN DONNE IN GRAVIDANZA
Figura 3. Struttura tridimensionale della lattoferrina (Lf) in forma insatura (Apo-Lf) e in forma satura in ferro (•) (Olo-Lf). (Baker EN, Baker HM, 2005).
Figura 4. Meccanismo d’azione della lattoferrina. La lattoferrina modula l’omeostasi sistemica del ferro ripristinando l’attività della ferroportina (•) che è nuovamente in grado di trasportare il ferro (•) dai tessuti al circolo, ristabilendo la concentrazione fisiologica del ferro serico totale e della ferritina serica nel sangue.

La lattoferrina, una glicoproteina naturale appartenente alla famiglia delle transferrine, è sintetizzata dalle ghiandole esocrine e dai neutrofili nei siti di infezione e d’infiammazione. È presente in tutte le secrezioni umane quali lacrime, saliva, liquido seminale, secrezioni vaginali, latte materno e colostro dove raggiunge la massima concentrazione (12 mg/ml) (39). Come la transferrina, la lattoferrina è una proteina bilobata contenente un sito di captazione dello ione ferrico in ogni lobo, in grado quindi di chelare con alta affinità due ioni ferrici per molecola (40) (Figura 3).
In vivo, come già riportato, la concentrazione di ioni ferrici liberi non deve eccedere 10-18 M, sia per evitare la formazione delle specie reattive dell’ossigeno, che impedire lo sviluppo dei microorganismi che necessitano di ferro per la loro moltiplicazione. Nelle secrezioni, l’assenza di ferro disponibile è garantito dalla lattoferrina, mentre nel siero dalla transferrina.
In vivo, in situazioni fisiologiche, la lattoferrina è satura in ferro solo al 20% e pertanto è in grado di legare ancora ioni ferrici. In particolari situazioni patologiche (sanguinamento, danno cellulare, mancato trasporto del ferro dai tessuti al circolo, ecc.) la concentrazione di ferro disponibile nelle secrezioni o nei tessuti aumenta e la lattoferrina, chelando l’eccesso di ferro libero, impedisce la formazione delle specie reattive dell’ossigeno e diminuisce la suscettibilità dell’ospite alle infezioni. Tuttavia, in alcune situazioni, la quantità di ferro è così elevata da rimanere ancora disponibile dopo la saturazione della lattoferrina. L’eccesso di ferro disponibile attiva un processo infiammatorio che richiama i neutrofili che, secernendo lattoferrina, contribuiscono a diminuire la concentrazione di ferro libero nel sito d’infezione/infiammazione (39).
Per questo, storicamente, la lattoferrina è ritenuta svolgere un’azione antimicrobica (3). Recentemente, le nuove acquisizioni sui meccanismi dell’omeostasi del ferro fanno supporre un ruolo chiave della lattoferrina nel ripristino della funzione della ferroportina attraverso la modulazione della sintesi dell’epcidina e quindi, in ultima analisi, un ruolo diretto di lattoferrina nella regolazione della disponibilità sistemica di ferro (41, 42).
Assunta per via orale, preferibilmente lontano dai pasti per evitare la sua degradazione a causa dell’elevata acidità gastrica, la lattoferrina raggiunge integra il duodeno in quantità pari a circa l’80% della dose somministrata. La lattoferrina viene quindi assorbita neglienterociti grazie a specifici recettori (43), per poi raggiungere il nucleo (44), dove modula con efficacia i fattori chiave dell’omeostasi sistemica del ferro. La lattoferrina, inoltre, non è immessa nel circolo sanguigno, dove la sua concentrazione rimane bassa ( < 1 μg/ml) come in condizioni fisiologiche (45). La lattoferrina, pertanto, potrebbe rappresentare una valida alternativa terapeutica agli attuali trattamenti di supplementazione di ferro in stati di ipoferremia ed anemia da carenza di ferro.
Atal fine è stato condotto un trial clinico per paragonare l’efficacia della somministrazione di solfato ferroso (520 mg/die) con quella della lattoferrina (100 mg 2 volte al die, lontano dai pasti), in donne in gravidanza affette da ipoferremia ed anemia (37). Di seguito viene riportato lo schema del trial clinico eseguito.
Criteri d’inclusione: donne in gravidanza di età compresa tra 20 e 39 anni affette da carenza di ferro (ipoferremia) e anemia, senza altre maggiori patologie concomitanti.
Criteri d’esclusione: donne con gravidanze patologiche.
L’ipoferremia e l’anemia sono state definite da:
1. una concentrazione di ferro serico totale corrispondente a 30 μg/dl o meno
2. una concentrazione di emoglobina corrispondente a 11 g/dl o meno

Soggetti: 259 donne di differente parità e trimestre di gravidanza erano divise random in tre gruppi.
Gruppo A: 54 donne che rifiutavano ogni tipo di supplementazione di ferro sono state incluse nello studio e considerate come gruppo di controllo
Gruppo B: 98 donne trattate con 520 mg di solfato ferroso al die
Gruppo C: 107 donne trattate per os con 1 capsula contenente 100 mg di lattoferrina, due volte al die lontano dai pasti.

I risultati ottenuti hanno dimostrato che nelle donne trattate per 30 giorni con la lattoferrina i valori dell’emoglobina, ma soprattutto quelli del ferro serico totale, aumentavano in modo significativo ( p < 0.001) rispetto a quelli delle donne trattate con solfato ferroso, nonostante le pazienti trattate con solfato ferroso ricevessero giornalmente una concentrazione in ioni ferro (156 mg/die) maggiore rispetto a quella con lattoferrina (8,8 mg/die) (37). Ovviamente, nelle donne che rifiutavano la terapia si assisteva ad una diminuzione sia dei valori dell’emoglobina sia di quelli del ferro serico totale, in misura maggiore con il procedere della gravidanza. Nella Tabella IVIV è riportata una sintesi dei dati ottenuti.
I risultati ottenuti mostrano chiaramente la maggiore efficacia della lattoferrina rispetto alla classica terapia marziale nel ripristino dei valori ematici. Va sottolineato che la maggior efficacia non può essere attribuita alla quantità di ferro totale somministrata con la lattoferrina (8,8 mg/die), circa venti volte inferiore a quella somministrata con solfato ferroso (154 mg/die), ma a più complesse funzioni della proteina. La maggior efficacia della lattoferrina è attribuibile alla modulazione della funzione della ferroportina, fondamentale nel trasporto del ferro dai tessuti al circolo, trasporto altrimenti inibito da elevate concentrazioni di epcidina (Paesano et al manoscritto in preparazione).
Tabella IV. Concentrazione dell’emoglobina e del ferro serico totale prima e dopo 30 giorni in assenza di terapia (gruppo di controllo) o con terapia con solfato ferroso o lattoferrina in donne a differenti trimestri di gravidanza affette da ipoferremia e anemia da carenza di ferro.
I valori sono espressi come valori medi.
Tabella V. Valori ematici (intervalli e medie) al momento del parto in 90 donne in gravidanza trattate con lattoferrina 100 mg due volte al dì lontano dai pasti.

In donne in gravidanza a cui era stata somministrata la lattoferrina per os dal momento dell’insorgenza dell’ipoferremia e/o dell’anemia fino alla fine della gravidanza, si osservavano, al momento del parto, valori eccellenti sia per i globuli rossi, l’emoglobina, il ferro serico totale, la ferritina serica che per l’ematocrito, come riassunto nella Tabella V.
Come riportato, i valori ematici erano tali da non dover richiedere alcun intervento di supplementazione di ferro ed il peso del neonato alla nascita oscillava tra un valore medio di 3,6 Kg per i maschi e di 3,3 Kg per le femmine. È importante sottolineare che durante tutto il periodo di somministrazione, in donne a cui veniva somministrata per os lattoferrina 100 mg due volte al giorno lontano dai pasti, non sono mai stati evidenziati effetti collaterali.
CONCLUSIONI
La carenza di ferro e l’anemia da carenza di ferro, continua ad essere uno dei dieci fattori di rischio per malattie, disabilità e morte nel mondo (The World Health Report 2002). In particolare, la carenza di ferro, oltre ad avere un significativo impatto sullo stato di salute degli individui, diventa un serio problema in gravidanza, contribuendo significativamente ad incrementare i rischi per la madre e per il neonato.
Il deficit di ferro è diffuso in soggetti di ogni età, sesso e classe socioeconomica, ma in particolare durante la gravidanza la richiesta di questo elemento aumenta a causa dell’espansione della massa dei globuli rossi materni e della crescita dell’unità feto-placentare.
La supplementazione di ferro in gravidanza ingenera molteplici dubbi, in quanto a discreti risultati in termini di efficacia, è molto spesso associato un quadro di scarsa tollerabilità che ne compromette la “compliance” e conseguentemente il risultato terapeutico.
Le nuove conoscenze sui complessi meccanismi dell’omeostasi cellulare e sistemica del ferro hanno stimolato la ricerca di nuovi composti in grado di modulare la concentrazione di ferro nei tessuti e nel circolo. Lattoferrina, molecola naturale appartenente alla famiglia delle transferrine, prodotta dalle ghiandole esocrine e dai neutrofili di numerose specie animali, da tempo conosciuta ed utilizzata quale integratore nel latte materno artificiale, ha clinicamente dimostrato di interagire positivamente con l’omeostasi sistemica del ferro.
Dai risultati ottenuti nei vari trials clinici possiamo affermare che la lattoferrina, somministrata per os alla posologia di 100 mg due volte al giorno in donne in gravidanza affette da ipoferremia e anemia da carenza di ferro, ripristina in modo significativo ( p < 0.001) il numero dei globuli rossi, i valori dell’emoglobina, del ferro serico totale e della ferritina sierica, con un meccanismo d’azione verosimilmente indipendentemente dalla quantità di ferro (8,8 mg) che ogni giorno viene somministrato. Suddetta quantità, circa venti volte inferiore a quella somministrata con solfato ferroso (154 mg/die), può infatti essere responsabile solo in parte del potente effetto della lattoferrina. È ipotizzabile che tale attività sia ascrivibile ad un meccanismo di tipo inibitorio sulla produzione di epcidina con conseguente modulazione della espressione della ferroportina, unica molecola, ad oggi conosciuta, in grado di trasportare il ferro dagli enterociti e dai macrofagi al sangue. La maggiore efficacia della lattoferrina si traduce clinicamente in un significativo aumento e normalizzazione dei parametri ematici legati alla condizione di ipoferremia ed anemia, quali il numero dei globuli rossi, la concentrazione dell’emoglobina, del ferro serico totale e della ferritina serica. La peculiarità di questa terapia, basata sulla somministrazione orale di una proteina naturale, è rappresentata anche dal vantaggio non trascurabile di un profilo di tollerabilità eccellente, condizione primaria per una perfetta adesione al trattamento dell’ipoferremia e dell’anemia, soprattutto nelle gestanti.

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"I massimi esperti internazionali sulla Lattoferrina saranno a Roma dal 6 al 10 Ottobre 2013 in occasione dell’XI International Conference on Lactoferrin organizzato dalla prof.ssa Piera Valenti.

Tutte le informazioni sul Convegno incluso il Programma Scientifico sono visibili nel sito web: www.lactoferrinconference.com."

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