mercoledì 23 novembre 2011

Prodotti a Km zero? Si grazie...

Ecco perchè preferire i prodotti del proprio territorio


Le piazze di molte città in Italia sono caratterizzate sempre più negli ultimi tempi da mercati in cui si vendono prodotti a chilometro zero, ovvero coltivati e magari anche trasformati in un raggio di breve distanza da dove vengono venduti. Un modo per avere garanzia di maggiore freschezza del prodotto stesso e la coscienza a posto per il fatto che il trasferimento di ciò che arriva sulle tavole non ha prodotto grandi quantità di emissioni di Co2; aspetti questi che stanno determinando un vero successo dei mercati a km zero che Coldiretti ha contribuito fortemente a diffondere. Un fenomeno che ha portato anche alla stesura di un disegno di legge a riguardo, promosso dai due deputati del Pd (eletti in Toscana) Ermete Realacci e Susanna Cenni e cofirmato da un nutrito numero di deputati di tutti gli schieramenti politici, che non trova però i favori di Alessandro De Nicola che dalle colonne della pagina dei commenti del Sole 24 Ore fa un attacco all’arma bianca sia della proposta di legge sia del
fenomeno stesso del consumo di prodotti a Km zero.
Le motivazioni addotte da De Nicola sono molte e vanno dal fatto che il disegno di legge «è antieconomico e implica nuove tasse per tutti» dal momento che - spiega - «se fosse stato profittevole arare e seminare i terreni nel raggio di 70km qualcuno lo avrebbe fatto» e che per «convincere un imprenditore a impugnare la vanga i contribuenti dovranno perciò sovvenzionarlo, direttamente o indirettamente poco importa». Ignorando evidentemente che nel raggio di 70 chilometri, quasi ovunque nel nostro paese c’è qualcuno che ara e semina o alleva capi di bestiame da cui produrre materia prima da trasformare e che sempre in quel raggio di azione c’è anche qualcuno che preferisce sovvenzionare indirettamente (ovvero acquistando) quell’imprenditore potendosi quindi avvalere di prodotti locali anziché di merci che provengono da lontano, se non altro per un fattore di maggior gradimento.
«Il danno è ulteriore - avverte De Nicola - perché i soldi così investiti avrebbero potuto essere invece impiegati per attività più redditizie che avrebbero creato ricchezza e lavoro» quali non lo spiega ed evidentemente ignora (anche questa volta) che la produzione agricola e la trasformazione di prodotti agrolimentari produce reddito per chi già le pratica ed è un classico esempio di economia dei territori, quella indicata come una strada vincente non solo dai «no global che sfilano a Copenhagen», ma anche da economisti premi Nobel.
Risponde Stefano Masini, responsabile ambiente e territorio della Coldiretti che sta promuovendo in tutta Italia la diffusione della distribuzione di prodotti a km zero «La proposta di legge come quella proposta da Realacci e Cenni, inserisce criteri volti a far corrispondere sempre più un prodotto alla stagione e ad evitare modifiche del prodotto stesso che permettono di fare lunghi spostamenti senza perdere le caratteristiche di vendita, come avviene per la buccia del pomodoro che viene ispessita a tale scopo. Inoltre serve a mettere in guardia i consumatori, non certo a inibirli, da acquisti che hanno poca ragione di esistere come le ciliegie che vengono dal Cile a dicembre percorrendo 12mila chilometri, emettendo 12kg di Co2 e consumando 7Kg di petrolio per ogni chilogrammo che arriva sulle nostre bancarelle. O i limoni dell’Argentina in un periodo come questo in cui sono abbondanti le produzioni nostrane». Qui ben venga la promozione della produzione locale e la diffusione degli autentici mercati contadini, che premiano gli acquirenti di questi prodotti i cui prezzi, grazie anche al protocollo siglato con le associazioni dei consumatori, vengono controllati e adeguati al sistema richiesto dal Ministero».

Di vitaincoppia (in collaborazione con Terra e Mani)

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