mercoledì 14 settembre 2011

Peso bambini: quando il bambino pesa troppo

Oltre alle cattive abitudini alimentari anche stili di vita sbagliati. Da non trascurare i risvolti socio-sanitari


Teniamo sotto controllo la dieta dei bambini
Si tratta di un tema complesso e di grande rilevanza sociale oltre che sanitaria, che merita una riflessione approfondita perché il sovrappeso in tenera età è l’anticamera di molte patologie in età adulta.
Vogliamo a questo proposito dedicare un piccolo spazio, anche se l’argomento viene spesso riproposto sia da articoli di natura scientifica che dai mass media, per la sua importanza epidemiologica e clinica.
La prevalenza del sovrappeso si attesta ormai tra il 25-35% (ed il fenomeno è in costante aumento) nei bambini dei Paesi cosiddetti industrializzati, soprattutto dell’Europa centrale e meridionale, per cui il problema merita la necessaria attenzione ed i lettori devono essere correttamente sensibilizzati sull’importanza della prevenzione primaria precoce, a partire dagli stili di vita, molto più efficace della
tardiva e spesso inefficace terapia dietetica o, peggio, farmacologica. Si deve anche sapere che il rischio per un bambino obeso di diventare un adulto obeso aumenta con l’età, variando da 2,3 per i primi anni di vita fino a 6,5 in età preadolescenziale; circa il 60% dei ragazzi che diventa obeso tra i 10 e i 13 anni rimarrà sovrappeso anche in età adulta.
Dobbiamo doverosamente aggiungere, a difesa delle istituzioni sanitarie, che molto spazio è stato dedicato a tali problematiche anche nei recenti Piani sanitari triennali, nazionali e regionali, ma evidentemente i programmi preventivi non sono stati attuati con la dovuta professionalità e soprattutto con mezzi finanziari adeguati.
In questa sede intendiamo parlare soltanto dell’obesità essenziale o semplice, che così viene definita in presenza di sovrappeso uguale o maggiore del 20% rispetto al peso ideale (valutato in rapporto all’altezza), e che dobbiamo distinguere sia da quella legata a patologie endocrine, in cui l’elemento pregnante è frequentemente la bassa statura, sia da quella legata a patologie genetiche in cui l’elemento caratterizzante è spesso il ritardo mentale. In queste due ultime ipotesi occorrono ben altri approfondimenti diagnostici.
L’obesità si instaura gradatamente con incidenza massima tra i 7 e i 10 anni a causa di errate abitudini di vita (attività sedentarie) che comportano un dispendio energetico inferiore alle entrate caloriche (abitudini alimentari come il non assumere la prima colazione e concentrare l’apporto calorico nel pomeriggio e la sera).

Ed allora ecco delinearsi l’importanza di prevenirla mediante la diagnosi precoce di una “trasformazione somatica” che a molti può sembrare priva di particolari rischi.
L’obesità non trattata in età pediatrica tende a persistere nell’adulto con danni alla salute evidenziabili, talvolta, anche nel bambino.
Si deve perciò fare molta attenzione, non trascurando neppure la ricerca della familiarità, spesso presente, anche se spesso l’eccesso di peso nel bambino, non correlabile ad alcuna patologia, dipende da un’impostazione alimentare scorretta che, se non trattata precocemente, può divenire fattore di rischio per molte patologie dell’adulto.
Infatti l’obesità apre a molte complicanze, come quelle cardiovascolari (ipertensione arteriosa e deposito di placche ateromasiche, praticamente di colesterolo, nelle coronarie già in epoca adolescenziale), endocrino-metaboliche (iperinsulinemia e insulino-resistenza con comparsa di diabete di tipo 2 in entrambi i sessi, sindrome dell’ovaio policistico nelle adolescenti), respiratorie (difficoltà respiratoria e forse asma, facile affaticabilità) gastroenterologiche (steatosi epatica, reflusso gastroesofageo e stipsi), ortopediche (sollecitazione esagerata dell’apparato osteoarticolare con valgismo, piattismo dei piedi, coxa vara, scoliosi, coxalgia e talvolta epifisiolisi da infiammazione della cartilagine di coniugazione femorale con il cedimento dell’epifisi femorale), dermatologiche (acantosi con iperpigmentazione della pelle visibile alla base del collo, ascelle, inguine ecc. quale segno di insulinoresistenza, le strie rosse da ipercorticismo, intertrigine, foruncolosi), psicologiche (sofferenza e insoddisfazione per la propria immagine corporea, isolamento, depressione, turbe del comportamento alimentare).

E’ quindi facilmente intuibile come si debba inquadrare un fenomeno di enorme portata socio-sanitaria, tenuto conto della sua incidenza attuale, soprattutto nella fascia d’età comprendente bambini degli asili e delle scuole materne. Tali anni, tra 1 e 6, sono fondamentali per la salute del futuro adulto anche se è difficile da credere, ma purtroppo tale ipotesi è stata dimostrata scientificamente: la nostra salute dipende essenzialmente dall’alimentazione corretta e dall’attività fisica praticata a partire dai primi anni di vita.
L’annuale rapporto della Società Italiana di Pediatria riferisce ad esempio che la TV viene guardata oggi più di 3 ore al giorno dal 31% dei ragazzi rispetto al 19% dei ragazzi del ’97 e che la TV in camera ora è presente nel 67% contro il 44 del 1997. Le attività sportive sono diminuite dal ’97 (81,6%) al 79,7%. E poi ci si mettono anche la birra, il vino ed i superalcoolici che vengono bevuti da ragazzi sempre più giovani.

Ecco perché occorre che i servizi sanitari locali deputati alla tutela della salute della famiglia e del bambino, come quelli consultoriali (I livello), potenzino i programmi di educazione alimentare e sanitaria da anni attivati, più efficaci dei programmi dieteticoterapeutici individualizzati (II livello).
Anche perché la prima azione è assolutamente da privilegiare in quanto vincente e senza eccessivo dispendio di risorse finanziarie, statali tramite il Ministero della salute e regionali, tramite gli assessorati competenti.

L’Assessorato regionale alle politiche sociali del Lazio, così come gli assessorati delle altre regioni, ha operato in questa direzione negli ultimi anni promuovendo e patrocinando diversi progetti pilota, mediante risorse locali e statali (questi ultimi con Legge n. 34/96). I consultori familiari hanno svolto con lodevole professionalità il compito di sviluppare azioni di prevenzione nelle scuole. Nel 2005 è partito anche un progetto pilota, triennale, coordinato dall’ospedale pediatrico B. Gesù di Roma che ha effettuato screening sugli scolari in sovrappeso ed obesi, tenuto conto delle allarmanti notizie sulla aumentata incidenza di tale fenomeno in Italia e nel Lazio.

Certo bisogna far capire alle famiglie che il bambino paffutello e grassottello non è sinonimo di salute e che la simpatia che riscuote presso familiari ed amici ha spesso risvolti amari. Infatti il bambino “robusto” è spesso deriso a scuola e ciò comporta l’insorgenza di complessi di inferiorità con successivo rifiuto della propria immagine corporea con imprevedibili risvolti psicologici. Negli sport di squadra (nel gioco del calcio il loro ruolo standard è quello del portiere) tali bambini vengono spesso emarginati.
Per i genitori tale situazione viene vista negativamente solo intorno ai 10 anni, periodo in cui scatta l’allarme e viene consultato prima il medico di famiglia e poi l’endocrinologo non tanto per l’eccesso ponderale, bensì per il timore di una patologia endocrina o di alterato sviluppo sessuale.
Il problema invece deve essere affrontato prima dei 10 anni, quando ancora le alterazioni non sono in grado di influenzare lo stato di salute dell’età adulta.

A questo proposito è fondamentale il ruolo del pediatra e dello specialista che devono con tatto, con capacità di convinzione, con atteggiamento fermo, ma rassicurante, coinvolgere la famiglia ed il bambino per un ritorno a più corrette indicazioni alimentari e stili di vita adeguati basati su informazioni di educazione sanitaria e su misure dietetico-comportamentali che siano in grado di assicurare il successo del recupero.

Il singolo medico o il servizio offerto sporadicamente (anche per le note difficoltà finanziarie delle aziende sanitarie locali) ottiene solitamente scarso successo; ecco perché devono essere adottati, annualmente, programmi di prevenzione mediante campagne di educazione alimentare organizzate da esperte equipe socio-sanitarie integrate, sostenute anche dal mondo del volontariato in quanto è fondamentale il consenso e la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, istituzionali e non.

L’auspicato cambiamento di tali abitudini non è assolutamente facilitata dalle industrie alimentari che esercitano un continuo bombardamento pubblicitario per determinare l’aumento del consumo di merendine, ovetti, cioccolatini ecc. ecc..

A tale pressione psicologica si deve aggiungere la già citata sedentarietà (TV e P.C. con la navigazione, con la scusa delle ricerche scolastiche o altri interessi più o meno discutibili, via Internet anche per ore), e, da non trascurare, l’abitudine di spilluccare nelle ore libere o di mangiare davanti alla televisione, spesso guardata dai bambini nella propria camera. Inoltre, oltre all’eccesso di zuccheri ad assorbimento rapido somministrati per soddisfare i capricci dei bambini, si aggiunge una dieta scorretta, iperproteica ed iperlipidica (e qui l’errore è spesso da imputare ancora ai genitori).
Dunque, per eliminare tali brutte abitudini, occorre la massima condivisione e collaborazione della famiglia, della scuola e degli altri ambienti in cui vive il bambino, perché, altrimenti, le indicazioni dei pediatri e dei nutrizionisti cadono inevitabilmente nel vuoto oppure vengono solo in parte recepite. In conclusione, le considerazioni fin qui addotte devono far riflettere sull’importanza di salvaguardare la salute della popolazione fin dall’infanzia.
I benefici delle campagne di prevenzione sono evidenti anche per i risvolti positivi sul piano dell’economia sanitaria purché tali iniziative siano proposte assiduamente su tutto il territorio per evitare che il peggiorare di tale situazione comporti l’aumento crescente, ed insostenibile, in un periodo di recessione come quello attuale, della spesa sanitaria. Confidiamo che il nostro messaggio sia accolto e pubblicizzato perché è l’intera società a dover essere coinvolta, una volta convinta degli enormi vantaggi che deriverebbero da alcuni cambiamenti nelle attuali consumistiche aberranti abitudini di vita.

Di Lucio e Luigi Annibaldi

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